Realizzare tessuti pregiati con gli scarti delle arance
Due ragazze siciliane vogliono rivoluzionare il mondo della moda partendo dagli scarti di lavorazione delle arance
Far approdare sulle passerelle una serie di vestiti realizzati interamente con gli scarti di lavorazione delle arance. Non si tratta di una semplice provocazione, ma di un progetto imprenditoriale e sociale ribattezzato Orange Fiber, che permetterà di recuperare una parte delle oltre 700 mila tonnellate di scarti dell’industria agrumicola italiana.
Un problema rilevante, che due giovanni donne siciliane, Adriana Santanocito ed Enrica Arena, rispettivamente 38 e 30 anni, vogliono risolvere con fantasia, determinazione ed impegno producendo una vasta gamma di tessuti usando esclusivamente gli scarti delle arance.
Non è una novità realizzare e costruire prodotti con i residui delle produzioni industriali, ma l’idea di Adriana ed Enrica è affascinante e ha conquistato molti investitori.
«Immaginate tutti gli scarti di trasformazione agrumicola trasformati in un tessile sostenibile che funzioni come una crema cosmetica e vitaminica da indossare. Questo è il nostro sogno, e vogliamo realizzarlo a partire dalla nostra terra».
Ma per far decollare Orange Fiber è stata necessaria tanta ricerca scientifica: «L’idea è nata tra il 2011 e il 2012 grazie ad Adriana – racconta Enrica – che studiava design all’istituto Afol, in provincia di Milano. e aveva deciso di dedicare la tesi ai nuovi materiali sostenibili e funzionali. Ha studiato l’origine di tessuti e filati e le innovazioni, quindi ha deciso di ipotizzare un tessuto con gli agrumi».
Orange Fiber ha anche una ricaduta sociale visto che una parte della produzione si svolge in Sicilia, terra dove il problema lavorativo è piuttosto sentito.
«Ci siamo insediate all’interno di una azienda di spremitura, dove si estrae la materia prima. Poi in Spagna viene filata la materia prima per avere un rocchetto di filo che, infine, rientra in Italia per essere tessuto».
L’impatto positivo per la Sicilia non si ferma solo all’impianto di prima trasformazione, ma si allarga all’intero settore agricolo. «La nostra idea si nutre dell’ambizione di fare qualcosa per la nostra terra. Siamo state influenzate da un amico comune: un agronomo che lavora sul campo e che ci ha spiegato in che modo le campagne siciliane siano sempre più abbandonate, le piante non curate e le arance non più raccolte».
Fonte: Greenews