Un orto verticale grazie al progetto Skyfarm
La torre Skyfamr proposta dalla Rogers Stirk Harbour rivoluziona il mondo gli orti urbani
E se il futuro dell’agricoltura fosse in città piuttosto che in campagna? Negli ultimi articoli abbiamo spesso parlato di orti urbani e, probabilmente, lo studio di questo fenomeno deve essere stato alla base della Skyfarm studiata dalla Rogers Stirk Harbour + Partners, una torre iperboloide che raduna in un’unica fattoria verticale di bambù, le funzionalità proprie di diverse tipologie di coltivazione (dall’idroponica al tradizionale impianto al suolo).
Ispirata al tema dell’Expo di Milano (“Nutrire il mondo”), la Skyfarm è stata sviluppata per aiutare a risolvere la crisi alimentare globale, sempre più acuita dalla disproporzione tra produttività agricola e aumento della popolazione.
In alternativa alla tradizionale agricoltura intensiva a terra, la Skyfarm permette di far crescere il cibo verticalmente piuttosto che orizzontalmente, integrandosi così perfettamente all’interno di ambienti urbani ad alta densità. La struttura realizzata in bambù garantirebbe infatti un’ottimale esposizione al sole e una distribuzione efficiente dell’acqua.
I livelli superiori, scalabili ed adattabili, supporterebbero diversi tipi di coltivazione agricola inclusa quella idroponica, in grado di creare un ecosistema chiuso nel quale produrre vegetali e, allo stesso tempo, allevare pesci.
La base della torre è invece facilmente sfruttabile come mercato, ristorante o spazio aperto da dedicare all’educazione socio-alimentare del pubblico.
In cima all’edificio troverebbero spazio dei serbatoi per l’acqua e delle turbine a vento.
Uno degli aspetti di maggior interesse è rappresentato inoltre dalla possibilità di adattare la struttura per l’uso in climi diversi: in climi freddi, ad esempio, uno speciale doppio cappotto termico favorirebbe il riscaldamento dell’edificio e, conseguentemente, le condizioni di crescita delle coltivazioni.
Certo, i costi iniziali necessari alla costruzione di una Skyfarm sono piuttosto alti – e certamente superiori a quelli necessari per l’installazione di una coltura di tipo tradizionale. Tuttavia i suoi ideatori sono convinti che la possibilità di sfruttarla per la produzione di cibo a rapida crescita – come, per esempio, fragole, spinaci o lattuga – possa rendere il progetto più che sostenibile, poiché contribuirebbe ad annullare tutte le spese legate al trasporto del prodotto e all’intermediazione.
Fonte: Inhabitat